8 cose da ricordare per non sovra-ottimizzare un sito nel 2014
Su questo sito si parla sempre di SEO, di ottimizzazione del sito, di visibilità sui motori di ricerca, di posizionamento… Sono tutti fattori molto importanti per chi lavora sul web e fa di questo canale un importante fonte di guadagno. La cosa che però bisogna evitare, e chi fa bene SEO lo sa e lo fa, è mettere il posizionamento prima dell’esperienza dell’utente. Il cliente finale di un SEO non è chi paga il servizio di ottimizzazione del sito, ma è l’utente che naviga il web ed è lui che bisogna soddisfare. Attraverso la soddisfazione dell’utente si soddisfa anche il motore di ricerca e di conseguenza si ottiene un buon posizionamento e quindi anche chi paga il servizio è contento.
Fino a qualche anno fa non era così, prima “bastava” farcire i contenuti di keyword, metterle poi nei tag, poi nasconderle confondendole con lo sfondo ed ecco che si faceva SEO (una SEO molto dubbia, ma sicuramente anche molto praticata). L’algoritmo di Google oggi è estremamente più evoluto ed estremamente più attento, gli aggiornamenti, come Penguin nel 2012, hanno per forza di cose modificato il punto di vista che bisogna avere sul modo di fare web e di fare SEO e di rivolgersi all’utente.
Oggi vediamo 8 esempi di sovraottimizzazione che bisogna conoscere e soprattutto evitare.
1 – Anchor text sovra-ottimizzati
Gli anchor text, i link, devono essere identificativi del contenuto a cui rimandano, ma questo non significa che debbano essere una sequenza ben poco sensata di parole chiave. Per inserire il link a un contenuto bisogna:
- Evitare di utilizzare la URL che si sta linkando come anchor text
- Evitare di usare il title della pagina che si sta linkando
- Elencare due o tre keyword e poi utilizzarle come anchor text.
Per evitare la sovraottimizzazione è meglio affidarsi a frasi anche un po’ lunghe, di 6/8 parole, ma che siano esplicative del contenuto, utili per l’utente che deve capire subito dove andrà a finire cliccando su quel link.
2 – Keyword irrilevanti
Sembra ridicolo doverlo precisare, ma c’è chi ancora fa SEO pensando che questa pratica sia una buona cosa. Consiste nell’utilizzare parole chiave che potenzialmente attirano traffico (vedi argomenti legati al sesso, a trasmissioni televisive di grido, a personaggi in vista ecc…) per poi trattare tutt’altro argomento. Chi fa questo non crea un’utilità per l’utente, anzi gli fa perdere un sacco di tempo.
Se Google si accorgesse di questa pratica probabilmente farebbe scomparire il risultato nei meandri delle n-pagina, personalmente, come utente, segnalerei anche la cosa. Fare SEO così è un’inutile spreco di risorse, quel traffico non porterà mai una conversione. È il classico caso delle 12.000 visite con 10 conversioni, perché chi visita sta cercando un’altra cosa rispetto a quella che viene proposta nel sito.
3 – Keyword density
Il mito della percentuale perfetta, quella che ti permetterà di scalare le vette della SERP. È un mito, appunto, non esiste. Se pensi che sia meglio raggiungere quel 2-5% di keyword in un testo stai probabilmente proponendo dei testi illeggibili ai tuoi utenti. Le parole chiave vanno utilizzate, ma con parsimonia, al punto giusto e senza per questo andare a intaccare leggibilità e utilità del contenuto.
È meglio investire più tempo nella selezione di parole chiave adeguate, che nel calcolo della keyword density.
4 – Url piene di keyword
Si parla di URL SEF, URL parlanti, URL che in poche parole dicano quello che c’è scritto nella pagina. Anch’esso, come i testi, devono essere utili e rendere più facile la vita degli utenti, che di certo da sequenze di numeri e lettere non potrebbero capire in anticipo cosa contiene la pagina. Ma, anche in questo caso, non bisogna infarcire le URL di keyword, primo perché diventerebbero lunghissime, secondo perché si parlerebbe di keyword stuffing, pratica che non piace a nessuno, soprattutto a Google.
5 – Backlink inutili
I backlink servono al motore di ricerca a capire meglio un sito, nel senso che permettono all’algoritmo di tematizzare il contenuto e di constatare che un dato sito è abbastanza competente e di valore da ricevere link da altri siti. Partendo da questo presupposto non si può certo dire che tutti i backlink vadano bene, a contare è anche la qualità del sito che inserisce il link, se è scarsa o pessima allora anche il valore del backlink lo sarà. Come per tutto quello di cui abbiamo parlato finora la parola d’ordine deve essere utilità, se un link viene inserito perché utile in quel contesto, allora quel backlink è utile e positivo per il sito, altrimenti è esattamente il contrario.
6 – Scrivere per i motori di ricerca
Ed eccoci arrivati al punto cruciale, quando si scrive il destinatario è l’utente e non il motore di ricerca. Google è un raccoglitore di contenuti testuali, video, immagini…chi usufruisce di questi contenuti è l’utente, è lui/lei che decreta il successo finale, è lui/lei che deve rimanere colpito, che deve trovare utile, originale, interessante ciò che sta leggendo. Se scrivendo si pensa all’utente e non all’algoritmo del motore di ricerca si verrà premiati.
La regola d’oro è prima scrivere e poi ottimizzare.
7 – Cloaking e testo nascosto
Nonostante tutto se ne parla ancora e se ne parla perché c’è chi lo fa. Il cloacking consiste nel mostrare cose diverse al motore e all’utente, il testo nascosto è scrivere del testo confondendolo con il colore dello sfondo, ma poi ci sono anche le doorway page, pagine specchietto che conducono il visitatore direttamente a un’altra pagina. Tutte queste tecniche rientrano nel grande calderone della black hat SEO, ovvero quella SEO che utilizza tecniche non ortodosse e ingannevoli per raggiungere i propri scopi. Inutile dire che è meglio non affidarsi a questo tipo di attività, per non rischiare gravi penalizzazioni dal motore di ricerca.
8 – Contenuti duplicati
Parliamo di contenuto duplicato in due casi. Il primo è quando deliberatamente decido di copiare e incollare nel mio sito il contenuto scritto da qualcun altro, prima di me. Copiare è sbagliato, ce lo insegnano dall’asilo. Chi copia non piace neanche al motore di ricerca, che sa benissimo quando e da chi è stato pubblicato un contenuto che fa parte del suo indice e non darà mai la precedenza a chi cerca di truffarlo copiando i contenuti altrui.
Contenuti duplicati sono anche quelle pagine che a causa della mancanza del rel canonical appaiono identiche per forma e contenuto, ma in realtà hanno URL diverse. Il motore di ricerca le considera come pagine distinte fra loro e per tale ragione reputa una il duplicato delle altre. Lo strumento per evitare che ciò accada esiste e si chiama rel canonical, si inserisce nell’head della pagina e serve a dire al motore qual è la URL a cui deve riferirsi per interpretare quel contenuto. Esistono anche alcuni consigli di Google per evitare la duplicazione.
Fonte: Elite Group Marketing